Origini dell' Ayurveda e Cenni storici
La storia dell’Ayurveda, affonda le sue radici nel periodo vedico, risale cioè al 5.000 a.C. o forse a un’epoca ancora precedente.
Nei quattro Veda (complesso di testi sacri da cui prende nome la più antica religione delle popolazioni arie dell’India, da cui successivamente si svilupperà l’induismo) – Rig, Sama, Yajur e Atharva – troviamo ampi riferimenti a medicine, rimedi, metodi curativi e descrizioni delle diverse parti e degli organi del corpo umano.
I testi classici dell’Ayurveda che sono giunti fino a noi, Charaka Samhita e Sushruta Samhita, sono stati redatti nella forma attuale probabilmente intorno al settimo secolo a.C.
In questi testi troviamo i miti delle origini dell’Ayurveda e di come venne tramandato al genere umano.
Nel Charaka Samhita si dice che quando sulla terra comparvero le malattie a ostacolare la vita degli esseri viventi, un gruppo di saggi provenienti da ogni angolo della terra, mossi da compassione per tutte le creature, si riunirono in un luogo propizio sulle pendici dell’Himalaya per trovare un rimedio.
Con questo atteggiamento, entrarono in meditazione e trovarono l’aiuto di Indra, il Signore degli Dei, che li avrebbe istruiti sul modo appropriato per contrastare le malattie.
Deputarono così uno di loro, Bharadvaja, ad andare da Indra per imparare l’Ayurveda.
I testi classici dell’Ayurveda che sono giunti fino a noi, Charaka Samhita e Sushruta Samhita, sono stati redatti nella forma attuale probabilmente intorno al VII secolo a.C.
Al suo ritorno Bharadvaja impartì la conoscenza dell’Ayurveda ad Atreya che ebbe sei discepoli; ognuno dei sei discepoli di Atreya scrisse un trattato di Ayurveda.
La maggior parte di quei trattati è andata perduta, ma l’opera di uno di essi, Agnivesa, o per lo meno una parte di essa, è giunta fino a noi nella forma del Charaka Samhita.
Un altro racconto mitologico rivela che Dhanvantari, il medico degli Dei, venne mandato da Indra sulla terra per diffondere la conoscenza della medicina.
Dei suoi discepoli Sushruta era particolarmente esperto nell’arte della chirurgia e scrisse un
trattato sull’Ayurveda noto come Sushruta Samhita.
Questo trattato riguarda soprattutto la chirurgia anche se parallelamente si occupa della medicina generale.
In epoca posteriore Vagbhata scrisse l’Ashtanga Hridaya che descrive l’Ayurveda in forma poetica e che riunisce la sapienza di Charaka nella medicina e l’arte di Sushruta nella chirurgia.
E’ difficile stabilire con esattezza l’epoca di Charaka e di Sushruta per mancanza di riscontri storici precisi, ma gli studiosi sono abbastanza concordi nel fare risalire il Charaka Samhita al VI o VII secolo a.C.
In questi trattati vengono descritte le otto parti dell’Ayurveda:
- Medicina Generale (Kaya Chikitsa)
- Chirurgia (Shalya Tantra)
- Trattamento delle malattie di orecchie, naso, gola, occhi (Salakya Tantra)
- Psichiatria, Psicologia (Bhuta Vidya)
- Pediatria (Kaumara Bhritya)
- Tossicologia (Agada Tantra)
- Scienza del ringiovanimento (Rasayana)
- Afrodisiaci (Vajikarana)
“Poiché nei tempi antichi l’Ayurveda è stata concepita e insegnata da alcuni saggi, certi studiosi sostengono che l’Ayurveda ha un inizio. In effetti non è così, non si conosce un periodo in cui l’Ayurveda non fosse esistente e dopo il quale venne alla luce. Come il calore del fuoco e la liquidità dell’acqua, l’Ayurveda o scienza della vita è cosa innata e per esistere non ha bisogno di alcuno sforzo da parte degli umani”. (Charaka Samhita 30.27)
Per concludere, l’Ayurveda non è patrimonio esclusivo di una sola cultura o di un solo paese, non è prerogativa di una sola religione, non appartiene a un solo periodo storico.
Poiché tratta di fenomeni inerenti alla natura, ha un valore universale e un atteggiamento molto aperto nei confronti degli influssi che provengono da differenti culture; le medicine e le diete possono variare, ma i principi che ne sono alla base sono sempre gli stessi.
Perciò si può considerare l’Ayurveda un “Patrimonio dell’Umanità”.